Contratto di Governo M5S-Lega: perché voto NO

Se, come annunciato, si farà una votazione tra gli iscritti al M5S sul contratto di governo tra il Movimento e la Lega e, ovviamente, se il contenuto sarà quello circolato nella più recente versione (16 Maggio 2018, ore 19.00) voterò contro. In questo post esprimo, dopo una breve premessa, le principali motivazioni della mia scelta.

In un accordo politico è necessario fare compromessi, e sono sempre stato convinto che sia possibile trovare aree comuni tra il Movimento e la Lega per formare un governo in modo responsabile verso il paese e coerente con il mandato elettorale delle due forze politiche. D’altra parte, ogni compromesso è accettabile solamente quando siano rispettate due condizioni. Primo, che il contenuto del compromesso è sufficientemente simile all’obiettivo di ogni partecipante. Credo che questa condizione sia rispettata numericamente, dato che la maggior parte degli obiettivi contenuti nel documento è ampiamente condivisibile. La seconda condizione è che nell’accordo non sia incluso qualche elemento, al limite anche uno soltanto, che sia in totale contrasto con gli interessi di una delle parti. Questa seconda condizione non è, a mio avviso, rispettata per quanto riguarda il M5S. Ci sono cioè alcuni punti dell’accordo che  sono irrealizzabili, contrari agli interessi del paese e opposti ai principi del Movimento.

Per la mia sensibilità e specializzazione il principale argomento per votare contro l’accordo è la cosiddetta flat tax, cioè la riduzione del numero e livello delle aliquote fiscali. A mio avviso, e d’accordo con la stragrande maggioranza dei colleghi economisti di qualsiasi orientamento teorico, questa misura è irrealizzabile nelle presenti condizioni e, se attuata, produrrà risultati opposti a quelli dichiarati nel documento stesso, ad esempio nella frase “La finalità è quella di non arrecare alcun svantaggio alle classi a basso reddito”. Infatti, la riduzione delle aliquote fiscali per le fasce di contribuenti ad alto reddito non può che produrre un maggiore carico fiscale per le altre fasce di popolazione. La contraddizione tra la misura inserita e la finalità dichiarata è risolta, nelle intenzioni degli estensori del documento, da una serie di misure come la lotta alla evasione e la crescita del PIL. In contrasto con la specificità della flat tax, le misure volte a invertire l’effetto regressivo sono estremamente vaghe e, in ogni caso, con effetti altamente incerti e distanti nel tempo. Di conseguenza, la coerenza complessiva della riforma, ed in particolare la possibilità di raggiungere gli obiettivi fissati, dovrebbe essere attentamente verificata, e ci sono ottimi motivi per dubitare che questo sia possibile. Ad esempio, come minimo, la riduzione delle aliquote dovrebbe essere condizionata alla verifica dell’efficacia delle misure compensative previste, che vanno quindi introdotto prima della riduzione delle aliquote e non successivamente.

Nella sostanza, il documento prevede una riforma radicale del sistema di finanziamento dello Stato. Obiettivo, quest’ultimo, che potrebbe anche essere condivisibile ma che avrebbe bisogno di uno studio accurato e necessariamente di lungo periodo che non può essere parte di un accordo di governo tra forze politiche alternative, almeno finché non si dimostri una reciproca affidabilità e convergenza politica. Non vedo quindi il motivo per prendere un impegno così specifico dalle conseguenze così rilevanti senza alcuna certezza della affidabilità del partner politico e dell’efficacia di interventi ancora da identificare.

Oltre alla questione fiscale, l’accordo elenca una lunga serie di obiettivi, la maggior parte dei quali condivisibili, ma anche altri punti estremamente sensibili e delicati. Personalmente, in particolare, sono in forte disaccordo con la frase: “L’impegno è realizzare una politica estera che si basi sulla centralità dell’interesse nazionale e sul principio di non ingerenza negli affari interni dei singoli Stati.”

Se interpretata letteralmente questa frase è, ovviamente, tautologica: ogni governo difende gli interessi nazionali e non è in grado di interferire con gli affari interni di altri paesi. D’altra parte, il suo inserimento sembra indicare un orientamento “sovranità”, o comunque di allontanamento dalle istituzioni sovranazionali, che non condivido né credo possa essere condivisibile da chiunque abbia cuore le sorti dell’Italia. La storia recente e meno recente ha ampiamente dimostrato come sia necessario un forte senso comunitario a livello internazionale. Pur nel rispetto delle politiche seguite dai diversi paesi, le reciproche interazioni tra paesi a livello economico, culturale, sociale, militare ecc. sono necessarie per garantire il successo di un paese in termini economici e di sicurezza. Il mantenimento degli effetti positivi di questi interazioni impone che le soluzioni dei problemi interni di un paese devono necessariamente essere compatibili con le misure adottate in paesi collegati. La totale separazione tra politiche interne degli stati è concepibile solo in mancanza di qualsiasi interazione, ma questo non è possibile se non rinunciando al benessere economico ed alla stabilità sociale cui siamo abituati, cioè tornando a società pre-moderne e completamente autarchiche. Recidere le relazioni internazionali  necessarie per garantire il benessere del Paese a causa di divergenze importanti ma limitate e temporanee, come nel caso della gestione delle finanze pubbliche e dell’immigrazione, costituisce un atto di autolesionismo inaccettabile.

In altre parti del documento vi sono affermazioni fortemente ambigue, come quella citata, che si possono prestare a diverse interpretazioni, alcune delle quali assai pericolose e, a mio avviso, anche in contrasto con i principi del Movimento. Non dovrebbero quindi trovare spazio in una accordo con un partito come la Lega che deve ancora dimostrare la sua compatibilità politica con il M5S. Ad esempio riguardo il principio di onestà dei propri eletti la Lega ha una lunga storia di abusi dei finanziamenti pubblici. Inoltre, le origini della Lega Nord erano esplicitamente secessioniste, obiettivo mai formalmente rinnegato, e desta quindi forte preoccupazione l’auspicio nell’accordo ad una maggiore autonomia regionale.

Credo sia necessario ricordare che la Lega è tuttora alleata con Forza Italia, strumento politico degli interessi di Berlusconi, con cui Salvini ha evidentemente ha una condivisione programmatica e di interessi superiore a quella che è disposto ad impegnare nel governo con il Movimento. Un accordo di governo di ampio respiro con la Lega può essere eventualmente il risultato di un processo progressivo di un rapporto fiduciario costruito gradualmente nella pratica di un governo di coalizione, in caso dimostri la sua affidabilità. Concedere credito a questa forza politica, in particolare su impegni politici altamente complessi e rischiosi, espone il Movimento a rischi enormi in termini di credibilità, capacità di azione governativa, in ultima analisi e di consenso elettorale. Si rischia infatti che la Lega possa rivendicare come proprio ogni azione di successo del governo ed imputare al Movimento ogni mancata promessa o difficoltà incontrata.

Per questi motivi, pur riconoscendo la buona fede e l’impegno di Luigi Di Maio e della dirigenza che ha lavorato sul documento, spero che l’accordo venga bocciato dagli attivisti. Questo risultato non deve necessariamente impedire un accordo di governo con la Lega. Al contrario, sarebbe assai più prudente e con identiche probabilità di successo, un contratto limitato inizialmente a pochissimi punti programmatici sui quali impegnare il governo nei primi mesi testando la capacità di convivenza. In caso di successo si potranno aggiungere gradualmente ulteriori obiettivi in funzione delle priorità che si verranno a creare. Un accordo così ampio e controverso come quello ora proposto costituisce un enorme rischio per il M5S a tutto vantaggio della Lega.

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